Recentemente in Lazio e Liguria le Asl hanno chiesto ad alcuni medici di famiglia di recuperare di tasca propria i costi di farmaci “indebitamente prescritti” in quanto “oltre i limiti consentiti” (140 Euro contro i 125 pattuiti). Al di là dei singoli casi - che rappresentano un’assoluta minoranza - la sanzione impone una riflessione sul rapporto tra Sistema sanitario, medici di famiglia e spesa farmaceutica: è davvero possibile parlare di “prescrizioni indebite” in questi casi, e cosa si rischia in questo modo?
Va detto innanzitutto che agire sulla spesa farmaceutica, che è in crescita anche per via dell’invecchiamento della popolazione, è spesso la via più veloce per far quadrare i conti delle Asl: a differenza delle voci per il personale, ad esempio, il costo dei farmaci è immediatamente “aggredibile” per ottenere risultati nel breve periodo. Il rovescio di questa medaglia ovviamente è il rischio di privare i cittadini di tutte le cure di cui hanno bisogno, perché se un medico di famiglia deve pensare anche al costo di quello che ritiene necessario in scienza e coscienza per un suo paziente può darsi che il suo giudizio ne sia influenzato. Una prima via d’uscita da questo dilemma sarebbe il rimborso dei soli farmaci equivalenti, o l’esclusione di alcuni dal rimborso: il cosiddetto “generico” deve infatti per forza adeguarsi al prezzo stabilito dall’Agenzia Italiana del Farmaco a differenza dei farmaci proprietari, con differenze di costo che possono arrivare anche al 1000%. Ma una decisione del genere non può spettare al singolo medico, perché si rischia di non ottenere il risparmio voluto a parità di efficacia di cure, sia per i farmaci che per le prestazioni specialistiche. Un medico - che sia di medicina generale o meno - non può avere anche la responsabilità di una tale decisione, perché il suo compito è quello di essere responsabile di una gestione collettiva della sanità pubblica, in modo che funzioni al meglio per tutti: a decidere in merito devono essere le Asl e il Ministero della Salute.
Lo stato attuale delle cose, invece, lascia i medici in una sorta di “terra di nessuno” nella quale non ci sono istruzioni chiare e ogni decisione può avere ripercussioni serie: da un lato quella della propria responsabilità professionale, e dall’altra quella del rapporto di fiducia che non può non avere con ognuno dei propri pazienti. Se un paziente sente di non essere stato adeguatamente seguito a livello farmacologico dal proprio medico, infatti, questo rapporto si incrina, anche se la decisione non è stata del professionista. Col risultato che agli occhi di quel cittadino il Sistema sanitario apparirà fragile e inefficace, perché perdendo la fiducia nel proprio medico spesso la perderà nei confronti dell’intera sanità pubblica.
(Photo credits: Christine Sandu/Unsplash)
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