Secondo i dati di Agenas, l’agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali, i medici di famiglia in Italia sono passati dai 42.428 del 2019 ai 40.250 MMG del 2021. Nel 2019 ognuno di loro aveva in media 1.224 assistiti e da allora il numero è in costante aumento, nonostante il fatto che i pazienti siano scesi da quasi 52 milioni a poco meno di 50 a causa della pandemia e del calo demografico. Servono quindi più medici di famiglia, perché da contratto il numero ottimale di pazienti per medico è di mille: già quattro anni fa, quindi, ogni medico ne aveva in media il 20% in più, e col passare del tempo le cose si aggravano.
Il fatto che siano sempre meno i medici di famiglia non è però dovuto alla mancanza di medici, dato che l’Italia ha un rapporto tra medici e popolazione sostanzialmente in linea con la media europea. La prima causa di questo problema è il fatto che per diventare medico di famiglia non basta una laurea in Medicina: bisogna anche frequentare con successo un corso di formazione triennale a numero chiuso, con il numero di accessi deciso ogni anno dal Ministero della Salute. In altre parole non mancano medici ma mancano specialisti formati, e questo perché un numero sempre maggiore di giovani laureati, davanti a pochi posti di specializzazione, a una retribuzione bassa e a una professione oberata dalla burocrazia, decide di andare all’estero.
Inoltre anche dopo che la pandemia ha reso evidente che la medicina del territorio ha un’importanza fondamentale, il sistema dei bandi e dei concorsi accumula ritardi su ritardi. Il corso di formazione in medicina generale che doveva cominciare lo scorso ottobre è infatti già in ritardo di sei mesi e deve ancora partire, mentre ancora non c’è il bando di concorso all’ammissione per il corso del 2023, che doveva uscire entro febbraio. Di fronte a un quadro come questo è comprensibile che un giovane laureato in medicina che ha vinto il concorso per più di una specializzazione ne scelga una non solo più immediatamente remunerativa (il corso in medicina generale viene pagato circa la metà degli altri) ma che gli permetterà anche di formarsi senza attese ingiustificate, col risultato che un potenziale nuovo medico di famiglia diventerà invece ortopedico o cardiologo.
I medici di famiglia hanno fatto e continueranno a fare ogni sforzo necessario per garantire che la sanità territoriale funzioni al meglio, ma è necessario che i cittadini sappiano che solo i decisori politici possono risolvere questi problemi e questi ritardi. Ritardi che non riguardano solo i medici di famiglia di domani, ma anche quelli di oggi: l’accordo collettivo nazionale ad ora in vigore è infatti ancora quello 2016-2018 e mancano ancora sia quello del triennio 2019-2021 che quello attuativo del PNRR. Tutti elementi fondamentali per garantire che la macchina della sanità pubblica sia pronta per affrontare il futuro e garantire il diritto alla salute di tutti.
(Photo credits: Aphiwat chuangchoem /Pexels)
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