Tra programmazione e investimenti, servizio sanitario in crisi - 27 luglio 2023

I dati sulla sanità pubblica dipingono un quadro allarmante

Uno dei problemi che la sanità italiana affronta oggi è la carenza di medici, specialmente in discipline cruciali come la medicina generale o l’emergenza-urgenza. Per cercare di risolverlo i posti disponibili per l’iscrizione a Medicina sono stati aumentati a partire dal 2019: una decisione apparentemente sensata ma che non tiene conto dei fabbisogni reali nei prossimi anni e che quindi rischia di creare il problema opposto, ovvero un eccesso di laureati. Una situazione che si è già vista in Italia, e che portò all’istituzione del numero chiuso.
Negli anni ’70, infatti, chiunque poteva iscriversi a Medicina e si era rapidamente creato un eccesso di laureati che non trovavano un lavoro, la cosiddetta “pletora medica”. Di conseguenza negli anni ’80 il numero di iscrizioni calò progressivamente, e nel 1999 fu istituito il numero chiuso per Medicina. Il vero errore, però, fu fatto dopo, perché anche se sarebbe stato semplice prevedere quanti medici in servizio sarebbero andati in pensione ogni anno (e sulla base di quei numeri stabilire posti adeguati per la facoltà e le specializzazioni) questo non è stato fatto, e visto che per formare un medico servono dai nove agli undici anni oggi paghiamo la mancata programmazione degli ultimi vent’anni. È per questo motivo che chi dice “basta abolire il numero chiuso” si sbaglia: nonostante l’aumento dei posti disponibili, secondo i dati della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), il bilancio tra pensionamenti e nuovi medici continuerà a scendere fino al 2028, a -22.279 unità, per poi virare in positivo nel 2033 (+2.603) ed esplodere negli anni a seguire, con 36.844 nuovi specialisti all’attivo nel 2037. Ed ecco la potenziale nuova “pletora medica”. Il punto, quindi, non è tanto che servono più medici, ma servono più medici nelle giuste specializzazioni, e per invogliare i neolaureati a sceglierle vanno rese attrattive o nessuno sceglierà di fare una professione mal pagata e che impone ritmi di lavoro insostenibili nel lungo periodo.
Va detto che probabilmente in futuro la sanità italiana avrà un bisogno maggiore di medici di quanto non ne abbia oggi, dato che l’Italia sta diventando uno dei Paesi più anziani del mondo: nel nostro Paese quasi un italiano su 4 ha oltre 65 anni, ed entro il 2050 saranno quasi uno su tre. Ma il personale sanitario che li assisterà deve essere pagato e messo in condizione di svolgere la professione, e questo richiede un aumento di spesa pubblica. Spesa pubblica che, però, nel 2024 dedicherà alla sanità una spesa di circa 133 miliardi di Euro: un aumento nominale rispetto al 2021 del 3,75%, ma se si considera anche l’inflazione la spesa sanitaria in termini reali verrà diminuita dell’11,5%. Numeri del tutto incompatibili con la situazione sociale e demografica italiana, e che nessun PNRR potrà mitigare senza un cambio di rotta deciso e realistico da parte dei decisori politici.

 

(Photo credits: Cottonbro studio/Pexels)

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