Nonostante il passare del tempo alcuni luoghi comuni sui medici di famiglia sembrano resistere a tutto, anche e soprattutto ai fatti. Tra quelli più diffusi ci sono quelli sulle poche ore di lavoro, su stipendi faraonici e sulla loro sostanziale inutilità se non per compiti base: ma è davvero ancora così, posto che lo sia mai stato?
Qualche dato di contesto: negli ultimi vent’anni la medicina generale ha subito numerosi cambiamenti in peggio, perché a causa di una programmazione miope dal 2006 al 2021 si sono persi per strada oltre 6.000 professionisti (il 13% del totale). Quelli rimasti sono quindi stati costretti ad aumentare sempre di più i loro pazienti (da 1.098 a quasi 1.300, in media) per non lasciare nessuno privo di assistenza, e questo ha a sua volta diminuito il tempo che ogni medico può dedicare a ognuno. In questi 15 anni, poi, messaggistica istantanea ed email sono diventate di massa, e questo fa sì che un medico di famiglia oggi riceva in media più di 300 richieste di contatto al giorno tra telefonate e messaggi. Richieste alle quali ovviamente bisogna rispondere, e alle quali si aggiungono visite, prescrizioni, certificati e altra “carta”.
La burocrazia che ancora oggi impera in Italia, infatti, costringe i pazienti a chiedere continuamente documenti come questi al proprio medico, spesso perché così gli è stato detto dallo specialista o dall’ospedale di riferimento: che sia suo compito o no, quindi, il medico deve fornirli, perché non farlo significherebbe impedire a un suo paziente di proseguire il suo percorso diagnostico o di cura. Inoltre i medici di famiglia visitano a domicilio o in luoghi come RSA e ospedali di comunità, e devono comunque dedicare tempo anche alla formazione obbligatoria e alle riunioni di associazioni professionali e della medicina di gruppo, in modo da poter assicurare continuità di servizio a tutti i cittadini.
Di fatto, quindi, oggi un medico di medicina generale può arrivare a lavorare anche 60 ore la settimana pur di assistere i suoi pazienti: un ritmo vita/lavoro peggiore di quello di tanti suoi colleghi, e con stipendi ben più bassi di quelli che avrebbe in altri paesi. Secondo i più recenti dati Ocse, infatti, i medici italiani sono tra i meno pagati in Europa e nel mondo: lo stipendio medio annuale di uno di loro è di poco superiore ai 110mila dollari annui lordi, mentre nei Paesi Bassi ne guadagnerebbe 190mila, in Germania 187mila e in Belgio 140mila. Soldi con i quali, oltre alle tasse, un medico deve pagare anche tutto quello che serve per svolgere la professione, dai locali al personale di studio e dal materiale per le medicazioni alle strumentazioni digitali, senza fra l’altro godere di ferie e di periodi di maternità o paternità e dovendo trovare un sostituto a proprie spese in caso di malattia. Tutti dati di fatto che smontano, quindi, anche la narrazione del medico di famiglia come professione dallo stipendio faraonico, e la riprova sta nel fatto che anche se sono state aumentate le borse bandite dalle Regioni per il corso di formazione in medicina generale, spesso rimangono non assegnate. Se fare il medico di famiglia fosse una professione facile, con poco lavoro e così ben retribuita come si pensa, quindi, perché i neolaureati in Medicina non la scelgono più?
(Photo credits: Towfiqu Barbhuiya/Unsplash)
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