A tu per tu con… Giuseppe Tartaglione

Proseguiamo il nostro viaggio tra i nuovi medici di famiglia

Proseguiamo il nostro viaggio tra i nuovi medici di famiglia del territorio con Giuseppe Tartaglione: trentacinque anni, laureato nel 2012, diplomato in Medicina Generale nel 2017 e convenzionato dal Gennaio 2021 ad Asciano.

Dottor Tartaglione, in cosa fare il medico di famiglia oggi è diverso rispetto all’immagine “classica”?
È cambiato tutto rispetto a 20 anni fa: più burocrazia e informatizzazione, più tecnologia diagnostica e più rintracciabilità telefonica. E la popolazione chiede più salute, dato che invecchia, ha più malattie croniche ed è molto più preoccupata post-pandemia.
Gestire il nostro tempo ora è uno sforzo enorme: vorremmo prenderci cura meglio dei malati, ma a volte ci è impossibile - non di rado proprio perché dobbiamo occuparci sia di ciò che ci spetta che di quello che spetterebbe ad altri, ad esempio per certificati di malattia, moduli e prescrizione di farmaci, visite o accertamenti. E le complicazioni burocratiche sono davvero moltissime: certificazioni e registrazioni di ogni tipo, carenze nei collegamenti, rapporti con i CUP, le cosiddette note AIFA e così via.

Ha pubblicato nel 2020 un libro sul rapporto tra salute e alimentazione (“Il cibo ci salverà”, AltrEconomia): qual è il messaggio che voleva lanciare?
Che l’alimentazione è legata a tripla mandata alla salute nostra e del pianeta - da qui la visione integrata di nutrizione, etica ed ecologia - e che mangiare “bene” è molto semplice, nonostante quanto facciano credere alcuni scienziati e il mondo del marketing, che spaccia alcuni alimenti per “superfood” e vuol rendere sempre più appetibili prodotti di scarsissima qualità nutrizionale e alto impatto ambientale. Oltre a mangiare in maniera adeguata, però, ricordiamo sempre che per vivere bene bisogna restare fisicamente attivi.

Quali sono i problemi principali che vede nel futuro, e quale sarebbe la cosa migliore che potrebbe capitare alla categoria per massimizzare il supporto ai pazienti?
Stanno per cambiare molte cose, e quindi difficoltà ma anche opportunità: dobbiamo cavalcarle e governarle, e la vera sfida è riuscire a tenere compatta la categoria in questo momento di estremo fermento. Visto il ruolo unico previsto per noi dal nuovo Accordo Collettivo Nazionale serve una revisione organizzativa della professione, perché oggi è impossibile lavorare senza aggregarsi o senza avere personale di studio, diagnostica di 1° livello, telemedicina e innovazioni tecnologiche. Tutto questo, assieme alla minor burocrazia, ci permetterebbe di dare il meglio per i nostri pazienti e, al tempo stesso, di formarci professionalmente senza sacrificare la vita privata e la famiglia.
Per fortuna le soluzioni esistono: in provincia di Siena siamo particolarmente fortunati perché è attiva una Cooperativa di servizi all’avanguardia e di ampie vedute, che fa scuola a livello nazionale.

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