Il Servizio sanitario nazionale, 45 anni dopo - 26 ottobre 2023

Cosa rimane (e cosa deve cambiare) secondo i medici italiani

Questa settimana la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo) ha tenuto la sua assemblea nazionale, dedicata ai primi 45 anni di vita del Servizio sanitario. Fino al 1978 in Italia mancava un’applicazione di quanto stabilito dall’articolo 32 della Costituzione (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”), e quindi un vero diritto alla salute come principio universale. Ma a quasi mezzo secolo dalla sua fondazione, la sanità pubblica ha bisogno ora più che mai di attenzione e cure.
Un grande problema che un sistema universale come il nostro deve affrontare, al di là delle risorse disponibili, è infatti quello delle disparità territoriali: le regioni italiane hanno differenti costi della vita e quindi un differente potere d’acquisto, e col tempo questo si è tradotto in quel fenomeno che spesso viene denominato “turismo sanitario”. Ogni anno, all’atto pratico, migliaia di cittadini di regioni del Sud sono costretti a muoversi verso il resto del Paese per ottenere una risposta alla loro domanda di salute, perché i loro sistemi sanitari regionali non riescono a soddisfarla efficacemente.
Investire in queste disparità, però, non solo sarebbe doveroso per attuare davvero l’articolo 32, ma avrebbe anche dei vantaggi concreti per l’economia: secondo il rapporto Fnomceo-Censis “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale”, infatti, per ogni Euro investito in sanità se ne generano 1,84 in valore aggiunto. Il motivo è semplice: una popolazione più sana è una popolazione più produttiva, e tutte le aziende che lavorano nel comparto sanitario (particolarmente biotecnologie e hi-tech) potrebbero sviluppare più innovazioni e brevetti, e quindi punti di Pil e posti di lavoro.
Nonostante questi problemi il Servizio sanitario italiano rimane un’eccellenza, perché l’Italia è al terzo posto della graduatoria europea per speranza di vita con 82,7 anni, dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1), ed è terza anche nella graduatoria della speranza di vita in buona salute. Non si tratta quindi di un’istituzione da riformare in toto ma di un pilastro della vita nazionale che dev’essere curato e aggiornato, e per farlo occorre che gli investimenti in personale, strutture e infrastrutture siano adeguati ai bisogni dei cittadini. L’assemblea Fnomceo ha ribadito che tutte le categorie mediche italiane difendono il Sistema sanitario nazionale e il diritto alla salute: è però necessario che il mondo politico e delle istituzioni difenda allo stesso modo questo patrimonio, rinnovando quel principio di universalità affermato per la prima volta 45 anni fa sia nella sanità territoriale che in quella ospedaliera.

 

(Photo Credits: DarkoStojanovic/Pixabay)

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