Il progetto del PNRR sul territorio senese e italiano

Case di Comunità, è davvero il modello giusto?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede che entro giugno 2026 vengano create in Italia almeno 1.350 Case di Comunità, una ogni 40-50mila abitanti: si tratta di un’evoluzione delle Case della Salute, dove i cittadini potranno trovare assistenza medica 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Secondo il progetto le Case di Comunità, divise in centrali (“hub”) e periferiche (“spoke”), costeranno due miliardi di Euro e dovrebbero essere la chiave per portare nuovamente la sanità pubblica vicino ai cittadini. Ma è veramente così?
Innanzitutto qualche dato di contesto: oggi in provincia di Siena ci sono 5 Case della Salute e 6 strutture di cure intermedie, mentre nel 2026 ci saranno 3 Centrali operative territoriali, 6 Case di Comunità e 4 Ospedali di Comunità. La Casa di Comunità “hub” di Siena avrà il ruolo di Centrale operativa e riunirà tutti i servizi distrettuali, mentre altre sono previste a Montalcino, Rapolano, Poggibonsi (“hub” per l’Alta Valdelsa), Colle Val d’Elsa, Chiusi e Abbadia San Salvatore (“hub” per Valdichiana e Amiata). Il criterio usato per la distribuzione delle Case di Comunità sul territorio italiano, però, è principalmente quello del numero di medici per numero di abitanti e non tiene quindi conto di due fattori importanti: la specificità della distribuzione della popolazione sul territorio, sia a livello nazionale che locale, e il suo progressivo invecchiamento.
Riguardo al primo punto in Italia oltre 16 milioni di persone vivono in comuni sotto i 15mila abitanti, spesso in territori isolati o mal collegati con i centri urbani più grandi - e anche nella provincia di Siena la situazione è la stessa. Nei 35 comuni che la compongono vivono infatti poco più di 261mila persone (dati Istat 2022), ma di questi la metà ha meno di 5mila abitanti e ben 30 ne hanno meno di 10mila: sopra questa soglia si trovano solo Sinalunga (12mila abitanti), Montepulciano (13mila), Colle Val d’Elsa (21mila), Poggibonsi (28mila) e, naturalmente, Siena (53mila). Inoltre più di un abitante su quattro della provincia - il 26,55%, per la precisione - ha 65 anni o più, in un territorio che si estende per 3.821 chilometri quadrati. Il progetto delle Case di Comunità dovrà quindi soddisfare, a Siena come in tutta Italia, la richiesta di salute di una popolazione distribuita in maniera non omogenea diventando allo stesso tempo il punto di riferimento di quelle fasce di età che, avendo sempre più problemi di tipo cronico, dovranno avere un contatto costante con i professionisti della salute. Quanto è davvero “di prossimità”, quindi, un Servizio sanitario che può costringere persone anziane e con patologie croniche fare anche decine di chilometri per raggiungere regolarmente la Casa di Comunità più vicina al proprio luogo di residenza?
Finora il vero punto di riferimento sanitario di prossimità per i cittadini è stato il medico di famiglia, e questo perché i medici di medicina generale hanno costruito una rete di assistenza diffusa e forte, con un rapporto fiduciario con i pazienti che si esercita giorno dopo giorno. Il rischio insito nel progetto delle Case di Comunità è invece quello di indebolire questa rete di assistenza se il modello “hub” e “spoke” verrà imposto come soluzione unica a ogni tipo di domanda di salute non urgente mentre i medici di famiglia, per colpa di una programmazione miope e della mancata attrattività della loro specializzazione, diminuiscono sempre di più.

 

(Photo credits: Hush Naidoo Jade/Unsplash)

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