A tu per tu con… Laura Caricati

Quarto appuntamento con i giovani medici di famiglia

Questo mese, per il nostro quarto incontro con i giovani medici di medicina generale, andiamo a Montepulciano, dove dal novembre 2020 è convenzionata la Dottoressa Laura Caricati. Si è laureata nel 2008 a Siena e ha passato due anni presso un istituto di Ricovero e Cura a Firenze, prima di ottenere il diploma di formazione specifica nel 2013 e – in attesa di posti liberi sul territorio – ha passato sei mesi in Calabria, collaborando col progetto “Programma Italia” di Emergency.

Dottoressa, com’è stato il suo impatto pratico con la professione quotidiana del medico di famiglia?

Ho avuto la convenzione in piena “seconda ondata” del Covid-19. Un periodo tutt’altro che facile, anche perché lavoravo anche nelle Usca, le unità speciali create per assistere i positivi: vista la situazione in quel momento ho continuato in questo ruolo nei fine settimana. Date le mie varie esperienze lavorative, diventare Medico di Medicina Generale non è stato un traguardo ma ha significato iniziare. Ero pronta. Tanti nuovi pazienti, tutti da incontrare, da conoscere, da prendere in carico a 360 gradi, con una discreta esperienza alle spalle: una sfida a cui dedicare il massimo dell’energia. La qualità della responsabilità percepita e la consapevolezza di poter costruire un rapporto di fiducia su un tempo lungo hanno cambiato anche la prospettiva del mio impegno. Non ero digiuna di esperienza clinica, dopo oltre 10 anni di lavoro, e per fortuna avevo già un’idea chiara di cosa succedesse nell’ambulatorio, dopo anni di sostituzioni e dopo un Corso di Formazione Specifica durante il quale ho affiancato per molti mesi un Collega “senior” competente, appassionato e che ama il proprio mestiere: i suoi insegnamenti sono stati fondamentali per guidarmi nella organizzazione generale del lavoro e soprattutto nell’impostare un rapporto con i pazienti.

Quando si opera in piccole realtà – come spesso succede nel nostro territorio – quanto è importante anche relazionarsi con i colleghi per essere sicuri di poter dare ai cittadini il servizio che meritano?

Certamente è ben diverso dall’operare in città. Nelle periferie dobbiamo confrontarci non solo con una popolazione tendenzialmente più anziana, e quindi più bisognosa di assistenza, ma anche con un territorio vasto e frammentato, con ambulatori in piccole frazioni che offrono inevitabilmente meno servizi: ambulatori che da noi devono essere delocalizzati per avvicinarsi quanto più possibile alla popolazione – la famosa “prossimità”. In questo quadro riuscire a costruire una rete affiatata e solidale tra medici è fondamentale. Io ho avuto la fortuna di iniziare la mia attività in un Centro Medico in cui una decina di Colleghi prima di me avevano già costruito questa struttura capillare e ben oliata. Colleghi che avevo per anni sostituito nei loro ambulatori: mi conoscevano, hanno creduto in me, mi hanno affidato responsabilità e stimolato la mia voglia di sperimentare soluzioni innovative per venire incontro alle persone, per migliorare i servizi che offriamo e per semplificare le inevitabili storture che si incontrano del resto in ogni lavoro. Ora da Centro Medico siamo diventati Casa della Salute con una segreteria aperta 12 ore al giorno, abbiamo i nostri infermieri, è garantita la presenza di un medico per 10 ore al giorno e manteniamo anche aperti gli ambulatori nelle piccole frazioni. Siamo in grado di svolgere le normali attività ambulatoriali oltre a vaccinazioni, attività di sanità di iniziativa per seguire meglio i malati più fragili, facciamo attività di ricerca riconosciute a livello nazionale. Sembra banale, ma davvero l’unione fa la forza.

In conclusione, quali crede che siano i rischi e le opportunità maggiori che i medici di famiglia si troveranno davanti in futuro, e come è meglio prepararsi come categoria per affrontare gli uni e le altre?

La società si aspetta molto da noi, e non è facile essere all’altezza di quanto ci viene richiesto. Ovviamente, sarebbe necessario anche che si sapesse quanto la nostra professionalità può esprimersi al meglio solo quando siamo messi nelle giuste condizioni tecniche, strutturali e organizzative per affrontare l’incredibile mole di lavoro che incontriamo ogni giorno. Come sappiamo in Italia i medici non abbondano, in particolare i Medici di Medicina Generale: se questo si trasformerà in un’idea di riforma che aggravi ulteriormente il carico già notevole di pazienti assistiti per medico non ci sarà modifica organizzativa che potrà migliorare le cose. Ogni paziente ha bisogno del suo tempo, e la presa in carico è un processo che deve essere qualitativo più che quantitativo. I nostri pazienti ovviamente avvertono tutto questo, per istinto: si fidano, ci chiedono qualità, cura e sostegno, presenza, si adeguano ai cambiamenti organizzativi, agli appuntamenti per venire in ambulatorio... Loro lo capiscono e sanno che noi Medici di Medicina Generale ci siamo per loro, ma occorrerà in futuro che la nostra categoria lo sappia far comprendere anche a chi si occupa di leggi e riforme. In questo senso dovremo ottenere dalle Istituzioni sempre maggior ascolto e confronto. Ne va della sostenibilità di un Sistema Sanitario Nazionale pubblico e di qualità.

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