Perché mancano i giovani medici di famiglia?

Le vere cause di una crisi vocazionale

Uno dei motivi per i quali la sanità pubblica è in grave difficoltà è la crisi della medicina di famiglia, e uno dei principali motivi di quest’ultima è la mancanza di ricambio generazionale. In parole povere non ci sono abbastanza giovani medici per sostituire i loro colleghi che vanno in pensione, e questo ormai da anni: ma come mai questa professione, nonostante i luoghi comuni, viene snobbata dai neolaureati in Medicina?

Innanzitutto bisogna aver presente che per diventare medici di famiglia non si frequenta una specializzazione, come potrebbero essere quella in cardiologia o in pediatria, ma un corso di formazione. Anche in questo caso è prevista una borsa di studio, ma per i futuri medici di famiglia l’importo è circa la metà di quello – già esiguo – delle altre specializzazioni, ovvero 800 Euro: e questo per tre anni, dopo un corso di laurea che di anni ne è durati almeno sei. Un futuro medico di famiglia passerà i tre anni del corso con molta formazione sul campo ed è previsto che possa avere un certo numero di pazienti già in formazione, quindi una responsabilità non indifferente: una volta terminato il corso dovrà però fare i conti con una retribuzione assai inferiore a quella di molti colleghi.
Un medico di famiglia è infatti inquadrato come lavoratore autonomo, nonostante lavori per il Servizio sanitario nazionale, e quindi dovrà pagare di tasca propria ogni spesa per lo studio e le attrezzature. Non ha diritto a ferie o a malattia (a meno che non trovi un sostituto e lo paghi di tasca sua), non ha diritto a tredicesima o a trattamenti di fine rapporto e anche per la gravidanza le cose non sono semplici, quindi la sua retribuzione netta è assai inferiore a quanto non si possa pensare. In compenso il suo carico di lavoro – che è composto non solo da visite in ambulatorio, a domicilio e in Rsa e da ore di ambulatorio ma anche di telefonate, mail, sms e molta burocrazia – è decisamente pesante. Il medico di famiglia ha infatti un ruolo vitale per il Sistema sanitario nazionale, perché non solo lo conosce dall’interno e dall’esterno, ma gestisce sia il rapporto con le strutture sanitarie e le amministrazioni sia quello con i suoi pazienti, che conosce e segue per anni e anni. Agli occhi di molti cittadini, purtroppo, è poco più di un “fabbricante” di ricette e richieste di accertamenti, e spesso viene trattato di conseguenza: nel frattempo magari i suoi colleghi durante l’Università hanno scelto altre specializzazioni, lavorano meno e con meno responsabilità e guadagnano di più. Davanti a un quadro del genere, quindi, perché scegliere la medicina di famiglia?

È ormai chiaro che senza abbastanza medici di medicina generale la sanità pubblica non potrà essere sostenibile, e che senza dare una nuova dignità a questa professione i neolaureati non la sceglieranno. Ma come? Un primo passo è quello di istituire una vera e propria specializzazione in medicina generale, di comunità e delle cure primarie, ma poi sarà necessario un contratto con maggiori tutele e incentivi, soprattutto per lavorare in quelle zone disagiate che hanno più bisogno di un presidio sanitario di prossimità. Quasi il 70% dei comuni italiani ha infatti meno di 5.000 abitanti, e senza una decisa inversione di rotta sui medici di famiglia moltissimi di questi comuni dovranno fare i conti con una situazione intollerabile per il diritto alla salute dei loro cittadini.

(Photo credits: Vic – Licence CC-BY 2.0)

Medical office – middle-aged male doctor greeting patient, shaking hands.
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