Tagli, nessuno tocchi la sanità territoriale

La sanità pubblica tra parole e fatti

Negli ultimi mesi si è detto e scritto molto sui finanziamenti per il Servizio sanitario nazionale: spesso il tema è sfociato nella polemica e nella propaganda politica, ma ad ora la differenza tra parole e fatti appare abissale. La cronaca recente ci dice che 1,2 miliardi di Euro destinati alla messa in sicurezza delle strutture ospedaliere sono stati tagliati dai fondi Pnrr, con la giustificazione che verranno usati i fondi ordinari: proprio quelli che sono sempre più insufficienti per la gestione quotidiana. Il timore è che i prossimi tagli riguarderanno i servizi sanitari territoriali, ma se così fosse le conseguenze sarebbero intollerabili.
La sanità territoriale ha la propria spina dorsale nei medici di medicina generale e al momento, secondo un recente studio della Fondazione Gimbe, ne mancano oltre 3mila: un fenomeno che riguarda tutte le Regioni e che mette sempre più in difficoltà i cittadini, che hanno diritto a un medico di famiglia facilmente raggiungibile e contattabile. Nei prossimi tre anni inoltre ne andranno in pensione oltre 11mila, facendo scendere ulteriormente il numero di quelli attivi. Questo è il quadro nel quale i medici di famiglia hanno siglato il loro contratto nazionale (chiamato Acn) per il triennio 2019-2021, con un ritardo che la dice lunga su quanto la sanità sia davvero una priorità per i governi che si sono succeduti nel tempo. E sono gli stessi medici che stanno chiedendo da mesi che si firmi il prima possibile l’Acn 2022-2024, perché è al suo interno che sarà disciplinata e definita la nuova sanità territoriale prevista dal Pnrr: quindi case di comunità, aggregazioni di medici (chiamate Aft) e centri medici di riferimento per la presa in carico, in modo da alleggerire la pressione su ospedali e pronti soccorso. Inoltre sono sempre i medici di famiglia a chiedere che si sottoscriva un Acn che potenzi la capacità di gestire le malattie croniche dei pazienti – come il 90% dei professionisti della provincia di Siena già fa di propria iniziativa – e che consenta loro di avere gli strumenti necessari per la diagnostica di primo livello (come gli spirometri e gli holter pressori). Quegli stessi strumenti i cui fondi furono stanziati dal Ministro Speranza e che sono ancora in larga parte bloccati, con i macchinari disponibili che ancora giacciono inutilizzati nei magazzini.
A parole, insomma, per la sanità ci sono fondi come non mai: nei fatti, purtroppo, quando si instaura un dialogo con le Aziende sanitarie locali la prima parola che si sente è “risparmi”. Questo non è accettabile, perché i medici di famiglia italiani sono sotto organico per quasi il 20% e continuano a garantire al meglio delle loro possibilità il diritto alla salute dei cittadini. Si può certo ottimizzare l’uso delle risorse, ma un loro taglio ulteriore avrebbe conseguenze pesantissime sulla sanità pubblica, e quindi sulla salute della popolazione italiana.

(Photo credits: Mathieu Stern/Unsplash)

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