SANITÀ PUBBLICA, MANCA UNA MENTALITÀ DI SISTEMA

FRA FONDI INSUFFICIENTI E ATTIVITÀ IN ORDINE SPARSO

Recentemente la Regione Toscana ha dovuto aumentare le tasse di sua competenza per garantire i livelli attuali dei servizi sanitari. Il motivo è il cosiddetto “payback”, ovvero il pagamento di forniture di dispositivi medici in deroga alla legge del 2011 che imponeva un tetto alle spese di questo tipo. Regioni e aziende sanitarie hanno in sostanza sbagliato più volte le previsioni di spesa per queste voci, ma i dispositivi comunque erano necessari per le prestazioni mediche: il risultato è che le aziende hanno fornito i dispositivi e incassato quanto stabilito, ma adesso lo Stato chiede loro di restituire parte delle somme. Ecco spiegato il motivo dell’aumento introdotto dalla Regione Toscana, che dovrebbe “coprire” un deficit di circa 400 milioni di Euro. La prima questione che si pone, quindi, è il fatto che il Sistema sanitario nazionale così com’è non funziona più: va ripensato e riorganizzato in modo che mantenga i servizi attuali, dia una risposta alle nuove domande di salute e al tempo stesso ottimizzi le spese. La seconda è che è vitale fare sistema tra tutti gli attori della sanità pubblica, senza sprechi in iniziative che sono già attive ad altri livelli.
I medici di medicina generale da questo punto di vista hanno fatto e continuano a fare la loro parte: hanno assorbito in proprio tutti i costi aggiuntivi dovuti alla recente inflazione e continuano a lavorare con un contratto scaduto ormai cinque anni fa, e nel frattempo devono affrontare un carico burocratico e un numero di pazienti sempre crescente, pur fornendo sempre più servizi ai loro pazienti (come la diagnostica di primo livello e la medicina di gruppo). Nel frattempo, però, altri attori della filiera sanitaria agiscono in ordine sparso, con un evidente spreco di risorse: e ci sono esempi di questo anche nel territorio senese. I medici di famiglia di Siena e provincia hanno infatti svolto una sperimentazione su dei farmaci anticoagulanti, monitorando i pazienti coinvolti e registrando i dati. Quando poi sono stati creati farmaci più nuovi il percorso è diventato obsoleto, quindi perché l’Asl ha deciso adesso di acquistare nuovi strumenti per gestire quest’attività? Non solo: alcuni pazienti cronici con scompenso cardiaco sono stati reclutati dai medici di famiglia in un progetto di sanità di iniziativa per gestire la loro cronicità. In quanto tali vengono monitorati costantemente dai loro medici in tutti i loro esami: allora perché alcuni ospedali hanno deciso di inventarsi un progetto per fare un singolo esame a domicilio a questi pazienti, fra l’altro escludendo il medico di famiglia che li ha in carico e li segue costantemente nel progetto? Qual è la logica di queste decisioni?
Questi piccoli esempi sono il chiaro indicatore di una cultura che non ha ancora capito quanto è grave la situazione del Sistema sanitario, al di là delle spese sostenute nei singoli casi. Ogni spesa superflua è da evitare, specialmente visto che l’Italia spende per la sanità poco più del 6% del suo Prodotto Interno Lordo contro una stima di bisogno del 7,5%. Le risorse scarseggiano e ammetterlo ai cittadini, per poi prendere i provvedimenti che si ritengono più adeguati, è compito di chi prende le decisioni e non dei professionisti che le subiscono. Da questo punto di vista, purtroppo, i medici di famiglia, come molti dei loro colleghi, finiscono con l’essere il “front office” di un’amministrazione del Sistema sanitario disfunzionale e sprecona, e patiscono le conseguenze di decisioni che sicuramente non hanno preso e che molto spesso non condividono.

(Photo credits: inconsiglio.it/Regione Toscana)

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