IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE SOTTO LA LENTE DELLA CORTE DEI CONTI

MOLTE LE CRITICITÀ, DALLE DIFFERENZE REGIONALI AGLI INVESTIMENTI

La scorsa settimana, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario avvenuta alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Corte dei Conti ha esaminato lo stato di salute del Servizio sanitario nazionale. L’analisi è stata molto dettagliata e ha riguardati sia lo stato generale delle cose che alcuni aspetti specifici, ma la diagnosi è stata nell’insieme decisamente impietosa.

La relazione della Corte comincia con una frase pesante: “non si può sottacere che la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie […]; da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato”. Secondo la Corte, quindi, è un fatto che le disparità regionali abbiano frammentato la promessa costituzionale del diritto alla salute. Un secondo rilievo è poi dedicato alla crisi “sistemica” dovuta alla fuga del personale sanitario in quanto “non adeguatamente remunerato”. La Corte ha poi dichiarato che a questa crisi si dovrebbe rispondere “con decisioni ed investimenti non più rinviabili […] capaci di ridare lustro ad una professione che, assieme a quella degli insegnanti, misura il senso civile di un Paese”. La spesa sanitaria, quindi, diventerà fondamentale per ridare dignità al Sistema sanitario nazionale, e anche a questo la Corte ha dedicato parole incontrovertibili: “nel 2022”, afferma infatti la Corte, “la spesa ha segnato una riduzione in termini di prodotto e assume, nelle previsioni del governo nel DEF 2023, un profilo in continua flessione anche nel prossimo triennio”. Nonostante le parole, quindi, le risorse calano in termini reali.

I fenomeni demografici – ovvero l’invecchiamento della popolazione – imporranno però un suo aumento per non penalizzare i cittadini, ma nel frattempo a trovarsi tra l’incudine e il martello sono proprio loro: a livello regionale “la spesa sanitaria ha continuato a crescere più delle entrate, ponendo le Amministrazioni di fronte alla necessità […] di “dirottare” al finanziamento del settore risorse aggiuntive per garantire l’equilibrio dei conti”. Risorse aggiuntive che sono state reperite con l’aumento delle imposte regionali, o con il taglio di altre voci di spesa in bilancio. Infine la Corte ha dedicato un passaggio della sua relazione anche ai Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero quell’insieme di prestazioni, servizi e attività che tutti i cittadini hanno diritto a ottenere dal Servizio sanitario nazionale: il loro monitoraggio nel 2021 ha evidenziato un miglioramento generale, “con 14 regioni che raggiungono la sufficienza in ciascun livello di assistenza (rispetto alle 11 del 2020 ma alle 15 del 2019)”, ma rimangono pesanti differenze tra regioni del Sud e regioni del Centro e del Nord.

La relazione della Corte dei Conti, in ultima analisi, evidenza gran parte di quelle criticità che la classe medica conosce da tempo: mancanza di compensi adeguati e un esercizio della professione sempre più soffocato dalla burocrazia hanno portato al crollo del numero dei medici di famiglia, ma altrettanti danni hanno fatto a tutti i professionisti sanitari, costringendoli spesso a rispondere a livello ospedaliero e di pronto soccorso a richieste di salute che una rete di sanità territoriale viva e forte avrebbe potuto prendere in carico per conto proprio. In un quadro così fosco la riforma sanitaria del PNRR sarà letterlamente vitale: l’alternativa al suo successo, purtroppo, sarà solamente la scomparsa del Sistema sanitario nazionale per come è stato creato nemmeno cinquant’anni or sono.

(Photo credits: Corte dei Conti Italiana/corteconti.it)

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