Come e perché il sistema sanitario viaggia a diverse velocità
Da quando il processo di decentramento amministrativo ha avuto una forte spinta in avanti, nel 1990, la sanità pubblica è divenuta competenza quasi esclusiva delle amministrazioni regionali: per cercare di uniformarla nel Paese sono stati creati nel 2001 i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Cosa sono, e perché capirli è essenziale per comprendere come funziona nei fatti il Sistema Sanitario nazionale?
I Lea sono tutte quelle prestazioni e servizi che lo Stato è tenuto a fornire a tutti i cittadini, sia gratuitamente che partecipando alla spesa tramite ticket, e sono divisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. La prima area riguarda voci come la sicurezza alimentare e il monitoraggio di malattie infettive e la terza tutti i servizi erogati dagli ospedali, mentre la seconda include l’assistenza sanitaria di base (che viene erogata dai medici di famiglia), la continuità assistenziale – l’ex “guardia medica” – e l’assistenza specialistica ambulatoriale. Se la sanità pubblica fosse una piramide, quindi, l’assistenza distrettuale sarebbe la base: i medici di famiglia sono il primo punto di contatto dei cittadini con il Servizio Sanitario ed è su loro impulso che vengono messe in gioco le prestazioni specialistiche e ospedaliere, impedendo che le richieste di salute dei cittadini si riversino eccessivamente sugli ospedali. Però non solo il numero di medici di famiglia in Italia è calato dai 46mila del 2009 ai 39mila del 2022, ma il 72% di loro ha più di 27 anni di anzianità di laurea, ed è quindi alla soglia della pensione: di conseguenza il numero medio di pazienti per medico di famiglia è aumentato del 15%, costringendo ogni professionista a dedicare meno tempo a ognuno di loro.
La situazione era quindi già difficile quando la pandemia ha colpito l’Italia, costringendo moltissimi cittadini a rimandare esami diagnostici di ogni tipo: è per la somma di questi motivi, oltre che per un finanziamento insufficiente, che le liste d’attesa sono oggi un problema così grande. Un problema di cui anche i Lea fanno parte, perché la loro ultima revisione – che è del 2017 – includeva anche una revisione al ribasso delle tariffe per le prestazioni specialistiche, e che è stata rinviata per la seconda volta dopo le forti proteste dei laboratori e delle associazioni private che erogano una parte sempre maggiore di queste prestazioni, col rischio di paralizzare definitivamente il sistema aggravando irrimediabilmente le liste d’attesa.
Il nodo della questione, quindi, è lo stesso affrontato dal recente appello per la sanità pubblica firmato da alcuni grandi scienziati italiani, ovvero il finanziamento. I dati ci dicono che a livello europeo l’Italia spende troppo poco per la sanità, e i segnali puntano tutti in un’unica direzione: se non si invertirà la rotta i pochi medici di famiglia rimasti non riusciranno a fare il loro lavoro e dislivelli regionali dei Lea si faranno irreversibili, frantumando irrimediabilmente la promessa di parità di trattamento garantita dalla Costituzione a tutti i cittadini, e creando costi sociali difficilmente sostenibili in quello che già oggi è uno dei Paesi con l’età media più alta del mondo.
(Photo credits: Anna Shvets/Pexels)