ZONE CARENTI E CERTIFICATO MEDICO SCOLASTICO, SI CAMBIA (IN MEGLIO)

NOVITÀ IMMINENTI PER RAZIONALIZZAZIONE DELLE RISORSE E SBUROCRATIZZAZIONE

Il mese di marzo si apre con delle novità positive per i cittadini e per i loro medici di famiglia. La prima è l’abolizione del certificato medico per il rientro a scuola, finora obbligatorio quando uno studente si assentava per più di 5 giorni. Per eliminare questa complicazione burocratica la Regione ha infatti creato una legge che verrà pubblicata nel Bollettino ufficiale nella seconda metà del mese. Si tratta di una semplificazione che porterà benefici a tutti, ma è solo un primo passo: manca infatti ancora una sburocratizzazione veramente efficace, e che possa permettere ai medici di impiegare quanto più tempo possibile per tutelare la salute dei loro pazienti.

La seconda novità riguarda invece la definizione delle “zone carenti” sul territorio, quelle nelle quali c’è più bisogno di medici di famiglia e che dovranno essere individuate ufficialmente entro il 31 marzo, in modo che la Regione emetta un bando per permettere ai medici di presentare domanda di concorso. Per determinare se una zona è carente o meno il criterio finora usato è la presenza di almeno un medico ogni 1.000 pazienti: ma all’atto pratico in una zona con 20.000 cittadini ci potevano essere 10 medici con 1.500 pazienti e 10 con 500, con una distribuzione non del tutto efficace delle risorse umane e anche potenziali disparità di trattamento tra pazienti dei primi e pazienti dei secondi. La soluzione proposta dai medici di medicina generale, e che da oggi verrà discussa nel Comitato regionale, è quella di alzare il limite minimo da 1.000 a 1.300 pazienti per medico, e il limite massimo da 1.500 a 1.800 in caso di bisogno, accentrando l’attività in studi che offrano più servizi e dove il medico avrà anche personale di supporto, come infermieri e collaboratori amministrativi. In questo modo la presenza dei medici sarà più omogenea nelle zone effettivamente carenti e i cittadini potranno fare affidamento su studi medici dove si potranno avere anche servizi aggiuntivi, come la diagnostica di primo livello e la gestione delle cronicità. Alzare il limite minimo a 1.300 pazienti, inoltre, farà sì che i medici di famiglia non possano che scegliere aree effettivamente carenti e che non ci siano differenze troppo marcate tra medico e medico, rispondendo al meglio alla domanda di salute dei cittadini. Infine la trasformazione della continuità assistenziale (l’ex “guardia medica”) da 24 a 16 ore al giorno permetterà di razionalizzare le risorse disponibili, trasformando le ore di servizio da mezzanotte alle 8 del mattino in servizi aggiuntivi sul territorio. Quest’ultimo passaggio è ancora tutto da concordare, ma anche questo permetterà di razionalizzare le risorse disponibili per i territori che ne hanno effettivamente più bisogno – e nella stessa direzione va anche la possibilità per i medici di famiglia di rimanere in servizio fino a 72 anni, che stata inserita nel decreto “milleproroghe” appena approvato dal Parlamento.

In questo quadro di cambiamenti necessari per soddisfare al meglio i bisogni dei cittadini i medici di medicina generale dialogano, e continueranno a dialogare, con Stato e Regione per il bene dei loro pazienti, ma una cosa non è negoziabile, ovvero la quantità di risorse economiche disponibili. Riorganizzare non può e non potrà mai essere un motivo per effettuare tagli di spesa in questo senso, perché per offrire servizi territoriali adeguati l’ammontare complessivo stanziato non potrà certo diminuire. Per garantire un servizio che sia davvero di prossimità e adeguato alla domanda di salute dei pazienti servono sedi, personale e strumenti diagnostici: tutte cose per le quali sarà necessario fare investimenti rilevanti, in modo da massimizzare l’efficacia di ogni medico di famiglia sul suo territorio di riferimento.

(Photo credits: Marcelo Leal/Unsplash)

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