AL CONVEGNO FIMMG DI BARI SI PLAUDE AL CASO STUDIO DI SIENA
“Siamo in un momento cruciale per l’assistenza territoriale e il servizio sanitario: in assenza di una proposta alternativa, il sistema va verso una rigidità che non si sposa con la caratteristica liquida dell’assistenza territoriale”. Ad affermarlo Silvestro Scotti, Segretario nazionale del sindacato dei medici di famiglia Fimmg, al convegno “La Medicina Generale protagonista nell’organizzazione delle Cure Territoriali” di Bari. Ma a cosa si riferiva?
L’invecchiamento della popolazione italiana rende sempre più importante la sanità territoriale, perché le patologie dell’età avanzata sono spesso croniche e “a bassa intensità”: hanno quindi bisogno di un contatto costante con i medici di famiglia, che sono i primi incaricati della presa in carico di un paziente. Non è infatti un caso che la riforma del Pnrr sia fortemente orientata sul territorio, con Case e Ospedali di Comunità ad alleggerire il carico sugli ospedali: ma al momento la riforma arranca, complice sia la situazione economica che l’incapacità dell’Italia di usare i fondi europei, e sempre più cittadini non hanno un medico di famiglia.
Una risposta a questi problemi però esiste, ed è la cooperazione tra medici di medicina generale. Si tratta di forme associative che consentono ai medici di fare squadra, condividendo non solo gli orari di tutti per garantire ai pazienti il supporto di un professionista, ma anche strutture, personale, strumenti informatici e risorse. Uno degli esempi più riusciti di queste cooperative – che è stato citato come esempio a livello nazionale al convegno Fimmg – si trova proprio a Siena, dato che la Cooperativa Medici 2000 è arrivata ad aggregare in oltre vent’anni di attività 161 medici di medicina generale, 25 pediatri di libera scelta, 50 dipendenti e 52 infermieri professionisti per coprire oltre 200mila cittadini. Il tutto in strutture di proprietà, e senza un Euro di aggravio sui costi del Sistema sanitario: le cooperative di questo tipo fatturano infatti servizi non allo Stato ma ai medici stessi, in un circolo virtuoso che consente di garantire ai cittadini un migliore servizio e ai professionisti tutto quanto può servire loro per l’aggiornamento professionale, l’informatica, l’amministrazione e la strumentazione diagnostica.
Una soluzione sulla quale i medici stessi scommettono in prima persona, come ha confermato Alberto Oliveti, Presidente dell’ente previdenziale dei medici di famiglia Enpam: investiranno infatti i loro contributi previdenziali in una rete di migliaia di Case di Comunità periferiche frutto di aggregazione o espansione di studi medici esistenti e nuova costituzione, da collegarsi con le poche Case di Comunità centralizzate previste dal Pnrr. Così facendo si potrà finalmente raggiungere quel livello di capillarità sul territorio che è necessario garantire alla popolazione, senza un Euro di costo aggiuntivo per il Sistema sanitario nazionale e senza che i cittadini debbano recarsi in una Casa di Comunità centralizzata o al pronto soccorso per avere risposta ai loro bisogni. Inoltre un modello come quello creato pioneristicamente dai medici senesi può adattarsi alle varie realtà italiane in virtù della sua flessibilità: invece di imporre uno standard unico ovunque, quello cooperativo può adattarsi al meglio ai singoli bisogni di salute dei vari territori del nostro Paese, dato che è molto più duttile.
(Photo credits: RM Health Care/Pixabay)