DIMINUITO DEL 30% IL NUMERO TOTALE DELLE STRUTTURE NEL PNRR
La proposta di rimodulazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che il governo ha presentato all’Unione europea non contiene buone notizie per la sanità pubblica: la voce relativa all’ammodernamento del Sistema sanitario, infatti, è stata definanziata per un totale di 15,9 miliardi di Euro, sottratti in massima parte a quella rete di case e ospedali di comunità che avrebbero dovuto potenziare la sanità territoriale e alleggerire la pressione sulle strutture ospedaliere.
Se non altro le prime norme attuative del Pnrr hanno finalmente dato il via alla creazione a queste strutture, di cui l’Italia ha forte bisogno. Non solo infatti la pandemia ha rivelato quanto la sanità territoriale fosse ridotta al lumicino, portando spesso al collasso gli ospedali, ma il profilo sociale e demografico del nostro Paese rende evidente quanto la sanità territoriale sarà cruciale negli anni a venire. Gli italiani hanno una delle aspettative di vita più alte al mondo, e tutti i dati statistici confermano inoltre che l’età media sta andando di pari passo: in un futuro molto vicino, quindi, una porzione sempre più grande della popolazione sarà anziana, e di conseguenza più propensa a sviluppare patologie croniche o non autosufficienza. Proprio quei bisogni che una sanità territoriale forte può affrontare al meglio grazie all’apporto dei medici di famiglia, che con la diagnostica di primo livello e la telemedicina potranno tutelare al meglio il diritto alla salute di questi cittadini.
Purtroppo la recente decisione del governo non cambia lo stato delle cose: la stragrande maggioranza delle case e degli ospedali di comunità non sarà infatti pronta entro il limite europeo del 2026, tanto che centinaia di esse saranno finanziate con fondi nazionali e non comunitari. Inoltre (e non è un dettaglio da poco) ancora non è stato risolto il nodo di come “popolare” queste strutture con medici, infermieri altri professionisti sanitari. Senza un accordo chiaro e trasparente su come questi professionisti svolgeranno il loro lavoro nelle case e negli ospedali di comunità, infatti, tutte queste strutture non saranno altro che cattedrali nel deserto – finanziate e costruite, fra l’altro, senza riuscire a raggiungere quel grado di capillarietà e di copertura sul territorio che gli ambulatori dei medici di famiglia già oggi hanno, rappresentando spesso l’unico presidio sanitario nelle aree più disagiate.
(Photo credits: Thirdman/Pexels)