A TU PER TU CON… ELISA LA ROSA

TERZO APPUNTAMENTO CON I GIOVANI MEDICI DI FAMIGLIA

Per la nostra terza chiacchierata mensile con i giovani medici di medicina generale andiamo a Poggibonsi, per incontrare la Dottoressa Elisa La Rosa. Si è laureata a Siena nel marzo 2013, ha cominciato ad esercitare in autonomia il primo gennaio 2015, con un turno di guardia medica di ben 24 ore, ed è convenzionata come medico di famiglia dal dicembre 2020.

Dottoressa, com’è stato il suo inizio di attività, e in cosa è stato diverso rispetto a quello che si aspettava?

Ricordo che ero veramente molto emozionata e anche in ansia: prima ero sempre stata in reparti ospedalieri, circondata da colleghi a cui poter chiedere supporto, mentre lavorare in guardia medica è tutt’altra cosa, sia in termini di competenze che in termini di responsabilità. Lo affrontai come cerco di affrontare ogni aspetto del mio lavoro, preparandomi al meglio: mi ero letta l’accordo collettivo nazionale (ACN), avevo scaricato tascabili di farmaci e terapie di urgenza e avevo cercato colleghi a cui poter fare riferimento sul momento. Inoltre ero andata ad osservare qualche turno prima del mio, in modo da vedere “sul campo” come si svolgevano. Questo mi ha permesso di non avere grosse sorprese, se non per il carico di lavoro che fu effettivamente superiore a quanto mi aspettavo.

Qual è secondo lei il problema maggiore che i medici di famiglia hanno oggi? E i loro assistiti come possono aiutarli a fare sempre del loro meglio?

Credo che la maggior difficoltà sia riuscire a dedicarsi ad ogni persona con il tempo e la tranquillità necessaria per accogliere e affrontare i problemi, e lo dico perché ogni giorno c’è una grande quantità di contatti a cui dare una risposta. Le necessità sono effettivamente aumentate, ma oggi il medico di famiglia è anche raggiungibile molto più facilmente: i miei pazienti, ad esempio, hanno a disposizione un numero di cellulare (quindi chiamate, SMS e messaggi WhatsApp), due email, due numeri fissi (ambulatorio e segreteria) e una cassetta per le richieste. È una situazione che si può aver difficoltà a gestire, anche perché il cuore del nostro lavoro rimane sempre e comunque fare il medico – e quindi visitare, ascoltare, accudire e curare, sia in ambulatorio che a domicilio. Penso che l’aiuto maggiore che mi potrebbero dare i miei pazienti sia quindi un poco di “pazienza”: devono sicuramente utilizzare nel modo giusto questi canali, che io sostengo fortemente, ma possono aiutarmi ad aiutarli se tengono presente che con il carico di lavoro a cui siamo sottoposti oggigiorno le risposte non possono essere sempre immediate, soprattutto se i problemi non sono propriamente urgenze (che di fatto nel mio lavoro sono la minor parte).

Ci sono state delle situazioni nelle quali l’essere una Dottoressa, e non un Dottore, ha portato i suoi interlocutori a porsi in modo diverso nei suoi confronti?

Sì, purtroppo, e sono state moltissime, legate sia a schemi culturali che a veri e propri pregiudizi. Mi spiego meglio: difficilmente vengo chiamata Dottoressa. Adesso che ho 35 anni e diversi capelli bianchi succede un po’ più spesso di 10 anni fa, soprattutto con i miei assistiti, ma vengo comunque chiamata più spesso Signora, Signorina, “Dottoressina” o Infermiera, soprattutto da chi mi vede per la prima volta: capisco bene che possa non esserci l’intenzione di sminuire la mia professionalità, ma di fatto lo si fa. Oppure se sono insieme ad un collega maschio spesso si pensa che l’uomo sia il medico e la donna (quindi io) sia l’infermiera, e anche da questo si capisce come le professioni dell’ambito sanitario siano identificate e legate al genere nella nostra cultura. Spero per il futuro che in un ambulatorio, di fronte ad una persona con un camice, nella mente di chi guarda ci si faccia una domanda semplice, a prescindere dal genere: sarà un medico o un infermiere? Spero anche che prima o poi non si debba più ricorrere alla coniugazione al femminile di tutte quelle parole che nel loro significato avrebbero già la declinazione al maschile e al femminile, come succede ad esempio per la parola Medico.

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