I medici di famiglia, sempre più “impiegati col camice”

Come la burocrazia impedisce un’essenziale attività clinica

Nel dibattito sulla dipendenza dei medici di famiglia c’è un elefante nella stanza: un problema che da tempo impedisce ai questi professionisti di fare il loro lavoro ma di cui si discute ancora troppo poco. È il “prodotto tipico” italiano chiamato burocrazia, e se non affrontata una volta per tutte continuerà ad avere un effetto nefasto sulla medicina territoriale. Ma quali sono le principali attività che andrebbero riformate se si volessero cambiare le cose?

Secondo una ricerca del 2022 la burocrazia è il singolo fattore meno soddisfacente per un medico di famiglia, seguito dal bilanciamento con la vita privata. Le due cose sono strettamente legate: un medico si forma per quasi dieci anni per praticare la medicina, mentre una parte sempre maggiore del suo tempo lo vede a compilare scartoffie. Tutto tempo che non può impiegare per fare autenticamente il medico – ovvero per visitare, diagnosticare e stabilire un rapporto più profondo coi cittadini – ma che magari cerca di fare ugualmente, spesso a scapito della sua vita privata.

Un esempio efficace della burocrazia medica è il certificato di malattia: attualmente il medico ha l’obbligo di certificarla in presenza del paziente, perché si presuppone che sia il risultato di una visita. Ma ci sono cause di malattia che non sono obiettive, come la cefalea e la lombalgia, o che sono tipiche di certe stagioni (come le forme virali che si risolvono da sole in pochi giorni). In questi casi che senso ha costringere il cittadino a presentarsi nello studio medico, o costringere il medico a svolgere visite a domicilio, per certificati di pochi giorni? Basterebbe introdurre un’autocertificazione di malattia per i primi giorni per risolvere il problema: eventuali attestazioni false verrebbero scoperte dai medici fiscali e nel frattempo i medici di famiglia potrebbero dedicare più tempo alla loro attività.

Un secondo esempio sono invece i piani terapeutici, uno strumento nato per l’uso di farmaci un tempo innovativi e che autorizza il medico di famiglia a prescriverli per evitare che un cittadino debba tornare da uno specialista solo per una ricetta. Nel corso del tempo questi farmaci sono diventati parte della “dotazione” del medico di famiglia, ma l’obbligo di compilare i piani terapeutici è rimasto. Il risultato? Un’immane perdita di tempo per farmaci il cui uso è sempre più comune e anche in forte crescita, visto l’aumento dell’età media degli italiani.

Questi sono solo alcuni esempi, ma descrivono un problema di cui si conoscono cause ed effetti da anni e sui cui ancora non è stato fatto quasi niente. Risolverlo sarebbe relativamente rapido, semplice e indolore, e gli effetti benefici sarebbero immediati visto che sono i medici di famiglia i primi a non voler sprecare tempo in questo modo. Infine – e non è poco – ignorare ulteriormente il carico burocratico significherebbe condannare i futuri medici di famiglia a essere sempre più “impiegati col camice” invece che clinici. E questo non farebbe che rendere la professione ancora meno attrattiva per i giovani laureati, a prescindere dal fatto che siano dipendenti del Sistema sanitario o liberi professionisti convenzionati.

(Photo credits: Elif/Pexels)

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