Gimbe: medici di famiglia “a rischio estinzione”

L’allarme della fondazione presieduta da Nino Cartabellotta.

Negli ultimi anni non sono mancate le analisi impietose sui medici di famiglia, spesso ancora additati come una “casta” strapagata e dalle poche ore di lavoro, ma ben più rare sono state quelle basate sui dati. Come quella che invece ha fatto la Fondazione Gimbe, l’ente indipendente presieduto da Nino Cartabellotta, giungendo a una conclusione raggelante: i medici di famiglia “sono a rischio estinzione”.

I numeri del report parlano chiaro: in Italia oggi mancano circa 5.500 medici (345 in Toscana). Il motivo? “Una programmazione inadeguata, che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi”, si legge nel report, che sottolinea poi che sempre meno giovani scelgono la professione. Di conseguenza sempre più medici hanno più di 1.500 pazienti a testa: a oggi più della metà di loro (51,7%) è “sovra-massimalista”, un livello di sovraccarico che non solo riduce il tempo che è possibile dedicare ai pazienti, compromettendo la qualità dell’assistenza, ma rende spesso impossibile trovare un medico vicino a casa.
Inoltre non si è mai considerata la demografia: nel 1984 gli over 65 erano il 12,9% della popolazione, ma quarant’anni dopo sono letteralmente raddoppiati (24%). Per non parlare degli ultraottantenni, che sono passati da 1,4 milioni a 4,5 milioni, più del triplo. Inoltre situazione sarà ancora peggiore nel 2034, quando quasi un italiano su tre (29,4%) avrà più di 65 anni e quasi uno su dieci (9,1%) più di 80. Più i cittadini sono anziani, infatti, e più hanno malattie croniche: avranno quindi in media più bisogno di cure continuate nel tempo. “Di conseguenza”, sottolinea il report Gimbe, “il massimale di 1.500 assistiti per MMG, adeguato nel 1984 rispetto alla distribuzione demografica, è ormai divenuto insostenibile”.
Altra nota dolente è la quota della spesa sanitaria pubblica destinata all’assistenza medico-generica da convenzione, che è passata dal 6,2% del 2012 al 5,2% del 2023. Una perdita secca di 4,93 miliardi di Euro, e che per Cartabellotta “dimostra come, analogamente al personale dipendente, il sottofinanziamento del SSN sia stato scaricato in larga misura sul personale sanitario”.

La Fondazione Gimbe analizza poi la soluzione che la politica sta proponendo con forza per la medicina territoriale, ovvero il passaggio dal rapporto di convenzione a quello di dipendenza per garantire la presenza dei medici di famiglia nelle Case di Comunità. Il parere della Fondazione Gimbe è quantomeno perplesso: il ripensamento globale del ruolo dei medici di famiglia “non può essere ridotto alla dicotomia tra dipendenza e convenzione”, anche perché “i diretti interessati hanno appreso della riforma solo tramite indiscrezioni di stampa, senza alcun coinvolgimento istituzionale. Un avvio nel peggiore dei modi”, e senza alcuna valutazione di impatto. “Un’analisi approfondita dovrebbe considerare gli effetti economici, contributivi, organizzativi e professionali di una riforma di tale portata”, si legge, ma così non è stato: “nel frattempo, se la professione di MMG continuerà a perdere appeal, il rischio concreto è lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorare la qualità dell’assistenza territoriale e compromettere la salute delle persone, soprattutto dei più anziani e fragili”.

(Photo credits: Thirdman/Pexels)

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