Finanziamento del Ssn, i conti non tornano

Secondo il Crea i fabbisogni reali non sono stati la priorità.

Tra 2019 e 2023 i vincoli finanziari hanno prevalso sui fabbisogni reali del Sistema Sanitario Nazionale, scaricando su Regioni e Aziende Sanitarie l’onere di tenere insieme bisogni crescenti con risorse insufficienti. È questo il più vistoso dei molti dati presenti nel rapporto sul finanziamento della sanità pubblica curato da Crea Sanità, ma il dato più importante è senza dubbio il fatto che senza un finanziamento adeguato la sanità pubblica non potrà tenere il passo con i bisogni della popolazione.

Il rapporto, che Crea Sanità ha realizzato insieme a Federsanità e Salutequità, sottolinea innanzitutto che il Sistema Sanitario ha bisogno di maggiori risorse (nello specifico fra i 20 e i 40 miliardi di Euro). Il problema però non è solo il “quanto”, ma anche il “come” quei fondi vengono ripartiti: la sanità è infatti composta da 20 Sistemi Sanitari Regionali, e il riparto fra le regioni si basa su criteri che risalgono al 2011. Quindi che non tengono conto né del progressivo invecchiamento della popolazione né dei molti sviluppi tecnologici degli ultimi 15 anni. Risultato? La cattiva ripartizione delle risorse penalizza la sanità territoriale, che secondo il rapporto è finanziata “in larga misura a residuo”, visto il continuo crescere delle risorse allocate agli ospedali. Le note dolenti però continuano: il rapporto sottolinea che la trasparenza del finanziamento rimane insufficiente, e auspica che si passi a un monitoraggio continuo di questi processi proprio per poter risalire agli autori di comportamenti poco virtuosi.
Cosa serve quindi, secondo il rapporto Crea? Innanzitutto servono dei nuovi criteri di ripartizione dei fondi, “basati su evidenze oggettive e su indicatori aggiornati”, ma anche “una maggiore trasparenza nei criteri di allocazione delle risorse regionali” e infine “investimenti mirati per riequilibrare il rapporto tra sanità ospedaliera e territoriale”.
Quest’ultimo punto è una vera e propria nota dolente, e non a caso l’ha sottolineata il Presidente di Federsanità (e Direttore del Policlinico romano Umberto I) Fabrizio d’Alba. “Nonostante si parli da anni di spostare attività dall’ospedale al territorio”, ha dichiarato, “la ripartizione non è stata modificata dal 2011, mantenendo invariati i finanziamenti tra assistenza distrettuale, ospedaliera e prevenzione. Dopo il 2026 sarà necessario rivedere questa distribuzione per sostenere il nuovo modello di assistenza: le scelte allocative influenzano direttamente la politica sanitaria, determinando la capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini”.

In buona sostanza, insomma, senza un adeguato finanziamento non ci sarà modello organizzativo o Casa di Comunità che tenga: o si sostiene con convinzione e una volta per tutte la sanità territoriale o sarà inutile – se non dannoso – prendersela con i medici.

(Photo credits: Lukas/Pexels)

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