“Il medico di famiglia di oggi rischia di scomparire”

L’allarme in una lettera aperta ai Sindaci della provincia

Recentemente si è tornati a parlare di cambiare la forma contrattuale dei medici di famiglia, per farli diventare dipendenti pubblici e non più liberi professionisti convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale. Ci sono però molti aspetti non chiariti in questo cambiamento, come si legge in una lettera aperta che Maurizio Pozzi, Segretario del Sindacato dei medici di famiglia Fimmg e Presidente della Cooperativa Medici 2000, ha inviato ai Sindaci di tutti i comuni della provincia. Quali?

Le proposte che circolano vogliono garantire ore di servizio nelle future Case di Comunità, i “mini-ospedali” previsti dal Pnrr per alleggerire il carico dei Pronto Soccorso. Ma così facendo non solo si stravolgerebbe il rapporto fiduciario tra cittadino e medico, ma si comprometterebbe anche la rete degli studi medici, rendendoli precari ed assenti “in ampie fasce del territorio, con conseguenze drammatiche sull’assistenza ai pazienti.” Ed i primi segnali sono già presenti.
Le Case di Comunità sarebbero infatti presenti ogni 60-70mila cittadini, mentre oggi ogni studio serve il territorio in maniera capillare. Si dice però che i medici di famiglia dipendenti dovrebbero prestare servizio in parte nelle Case di Comunità e in parte negli studi medici: benissimo, ma a chi spetterebbe pagare i costi degli studi, del personale di studio, dell’informatica e degli strumenti? Finora i medici in quanto liberi professionisti li hanno pagati di tasca loro, ma se dovesse farlo la collettività il conto sarebbe assai salato, e in un periodo nel quale i finanziamenti per la sanità già oggi sono insufficienti a coprire la domanda di salute di una popolazione in costante invecchiamento.
I medici di famiglia, si nota poi nella lettera, hanno già dato la loro disponibilità a lavorare nelle Case di Comunità con il “ruolo unico”, contenuto nel loro più recente contratto di lavoro, e non è colpa loro se ancora manca l’accordo che dovrebbe specificare come lo farebbero in pratica.

Sostituendo il medico di famiglia che conosciamo oggi, sottolinea la lettera ai sindaci, “con un professionista che lavora ad ore si produrrebbe una caduta verticale dell’assistenza e un via libera alla privatizzazione della sanità dei territori.” E a farne le spese sarebbero in primo luogo i cittadini, conclude la lettera aperta: per questo i medici si rivolgono ai Sindaci, come massimi rappresentanti dei cittadini, affinché facciano “sentire la voce dei territori alle istituzioni competenti, per creare un’azione progettuale che basandosi sull’attuale ruolo giuridico dei Medici di Medicina Generale ne valorizzi le potenzialità, l’efficienza e l’efficacia”.

(Photo credits: Pixabay/Pexels)

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