MEDICINA GENERALE, TANTI PROVVEDIMENTI MA NESSUN DISEGNO

TRA IPOTESI DI DIPENDENZA E MISURE TAMPONE NON SI VEDE UNA STRATEGIA

Sono sempre più frequenti notizie di provvedimenti e anticipazioni di progetti di riforma che vorrebbero risolvere – o almeno rendere meno gravi – i molti problemi della medicina territoriale in Italia. Ma anche se dopo la pandemia la politica si è finalmente accorta dello stato in cui versa il Sistema sanitario nazionale non appare alcuna strategia complessiva da queste misure, che sembrano nella migliore delle ipotesi dei provvedimenti tampone.

È questo il caso ad esempio dell’emendamento di maggioranza approvato la scorsa settimana dalla Commissione Bilancio della Camera, che permette fino al 2026 ai medici del ruolo unico di assistenza primaria di avere fino a 1.000 assistiti. Il fatto positivo è che questa misura almeno in teoria consente a 1,5 milioni di italiani di avere accesso a un medico di medicina generale: ma a patto che questi medici vogliano farsene carico – e ai medici della Continuità Assistenziale incaricati non si possono affidare pazienti, mentre i titolari sono rimasti molto pochi. Quindi anche se in teoria l’emendamento “crea” dei medici di famiglia che prima non c’erano, resta da vedere quanti professionisti decideranno effettivamente di assistere dei cittadini in questo modo. Quantomeno estemporanea, poi, appare la volontà del Ministro della Salute Schillaci di voler rendere i nuovi medici di medicina generale dipendenti pubblici per lavorare nelle Case di Comunità. Al di là del merito della misura, una riforma così profonda del sistema della convenzione non può infatti essere proposta senza indicare non solo modi e tempi, ma soprattutto le coperture finanziarie, considerando che non si possono usare i fondi PNRR per spese di personale ma solo per investimenti.

Il problema di fondo quindi rimane sempre lo stesso, ovvero il fatto che mancano nuovi medici di medicina generale e che l’età media degli attuali è piuttosto alta: al momento si riesce a garantire il servizio grazie all’adozione di nuovi modelli organizzativi e forme associative, ma il rischio concreto, se non ci sarà una massiccia iniezione di nuovi medici di famiglia sui territori, è  quello di un vero e proprio default. E per evitarlo il primo passo è quello di rendere la professione davvero attrattiva per i neolaureati in medicina con dei provvedimenti che facciano parte di una strategia organica, alleggerendo il carico burocratico e dando modo ai medici di famiglia di coniugare meglio i tempi di vita e di lavoro.

(Photo credits: Lukas/Pexels)

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