EMERGENZA CALDO: TRA RACCOMANDAZIONI STERILI E CIRCOLARI INUTILI

LASCIATA DA SOLA LA SANITÀ TERRITORIALE, SENZA FONDI E CAPACITÀ

Lo scorso lunedì 17 il Ministero della Salute ha inviato a tutti gli Assessorati regionali alla Salute un documento con delle raccomandazioni per fronteggiare l’emergenza caldo. Sono cinque: valutare l’attivazione di un percorso dedicato ai casi di malore da caldo nei pronto soccorso, attivare gli ambulatori territoriali per 12 ore al giorno 7 giorni su 7, potenziare il servizio di guardia medica, riattivare le Uscar – le squadre di medici e infermieri che seguono a domicilio i pazienti – e infine promuovere la campagna di comunicazione dedicata.

Il caldo è in effetti un problema serio per la salute e specialmente in Italia, dove la scorsa estate è stato complice della morte di 18mila persone: ma proprio per questo motivo andrebbe affrontato seriamente. Il documento è stato infatti inviato agli Assessorati lo scorso lunedì, dopo settimane di caldo torrido e solo due giorni prima del picco previsto delle temperature. Perché quindi inviarlo quando sarebbe stato impossibile mettere in campo le raccomandazioni che contiene? E più nel merito, con cosa si potenzia la guardia medica se già ora non è più coperto il fabbisogno regolare? Con quali risorse e graduatorie si possono riattivare le Uscar? E come si crea un punto di accesso alternativo nei Pronto Soccorso – che già ora sono in crisi di risorse e di personale – senza soldi e dall’oggi al domani? Il documento ministeriale non lo dice, né il Ministero ha annunciato lo stanziamento di fondi.

In questo scenario anche la sanità territoriale è stata lasciata completamente da sola: i medici di famiglia, però, hanno cominciato per tempo a informare i propri pazienti dei rischi dovuti al caldo, particolarmente gli anziani e i malati cronici. Ma non possono purtroppo fare di più al momento, visto che in Italia ne mancano a migliaia: “non si può pensare di gettare la croce sui medici”, ha puntualizzato infatti Silvestro Scotti, Segretario generale di Fimmg, “già sotto pressione per i carichi di lavoro estenuanti, con interventi che appartengono ad altri ambiti. I medici di medicina generale sono già subissati dal lavoro ordinario, spingerli oltre significherebbe esporli ad un altissimo rischio di burnout finendo per velocizzare la loro uscita dal sistema”. Per Scotti la soluzione è l’assistenza domiciliare programmata per gli anziani trasportabili e quelli che non si recano negli ambulatori. Per svolgerla i medici di medicina generale comunicano regolarmente al Distretto sanitario il numero di accessi, le patologie o le fragilità che registrano: ma, si chiede Scotti, “perché questi dati non vengono usati per creare un piano di assistenza in connessione con i servizi sociali, in modo che intervengano?”

(Photo credits: Stefan Schweihofer/Pixabay)

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